giovedì 26 marzo 2015

Soccorso animali feriti sulla strada. Cittadini, avvocati ed autorità competenti.



Partiamo dalle autorità competenti.
 


Rimandiamo a questo link per approfondire il parere dell'Associazione Nazionale dei Medici Veterinari Italiani(ANMVI) sull'entrata in vigore del codice della strada che prevede l'obbligo di soccorso in caso di animali feritisulla strada (2010).


Come interpretano gli avvocati?

Riportiamo una interessante analisi:
FACCIAMO UN PO' DI CHIAREZZA SU COMPITI E COMPETENZE NEL SOCCORSO DI ANIMALI FERITI (
Liberamente tratto dagli scritti dell'Avv. Maria Morena Suarìa, integrati e rivisitati dal l.r.p.t. Ass.ne Nati Liberi, avv. Alessandra Pratticò)


Cosa ne pensano i cittadini?

La percezione è che come spesso accade in Italia anche questa legge è ben ispirata e stilata dal punto di vista teorico ma realisticamente poco applicabile.
Perchè se il problema è un'inciviltà a monte (perchè gli animali vagano liberi per le strade? perchè gli automobilisti devono usare le strade come piste da autodromo?) è futile il tentativo di correggerne le conseguenze a valle.
Si cade in belle chiacchiere. Belle fin che si vuole, ma pur sempre chiacchiere.

In un paese dove ubriachi e tossicomamni recidivi fanno a gara di pirateria stradale reiterata senza badare alle persone, figuriamoci quali deterrenti la legislazione può attuare per tutelare le vittime animali della strada. 

Eppure oggi, nel 2015, il numero di vittime della strada (uomini e animali) sarebbe approssimato allo zero se si applicasse la nuova tecnologia automobilistica del pilota automatico, già brevettata da anni e applicata solo in alcune in parte negli USA (le lobby delle compagnie assicurative la stanno già mettendo all'angolo boicottandola a livello normativo: vedi recensione sul tema di Federico Pistono nel suo libro best seller).






Tornando alla realtà pratica italiana, codice stradale alla mano già da 5 anni, vediamo cosa accade dal punto di vista pratico davanti a un animale incidentato:

1- Il cittadino chiama la polizia locale   
2- La polizia locale dice di chiamare l'Ulss di riferimento   
3- L'ulss rimanda alla polizia locale   
4.a - Il cittadino pianta lì l'animale e scappa maledicendo il sindaco   
4.b - Il cittadino porta l'animale dal veterinario privato e lo lascia lì    
4.c - Il cittadino porta a casa l'animale e se ne prende cura da solo dopo averlo redarguito: "ok, ti porto a casa perchè mi fai pena: ma soldi per il veterinario non ne ho!"

Questo di norma. E lo posso confermare da veterinario oltre che da cittadino. Poi ci sono le eccezioni: persone vocate alla santità che mosse dalla compassione verso creature indifese abbandonate a se stesse (in atroci sofferenze cui sono state condannate senza alcuna colpa) agiscono con lo spirito del buon samaritano.
E senza badare a spese si prodigano per garantire il soccorso necessario al caso.

Da veterinario in dieci anni di attività ho avuto la fortuna di conoscere anche queste persone. E la chiamo fortuna non per un ritorno economico (nei casi che mi hanno coinvolto, è consistito quasi sempre in un riconoscimento per ammortizzare le spese, talora neppure quelle). La chiamo fortuna perchè questo è uno dei rarissimi frangenti rimasti in cui la vita ti fa rendere conto che l'essere umano ha ancora qualche connotato "umano"... nell'era pervertita dell'economia della finanza.
Queste persone sono una vera e propria luce in fondo al tunnel. Non solo per gli animali che soccorrono ma per l'umanità intera.

Parlando ancora da veterinario, suggerendo una strategia utile da adottare in questi casi anche per chi votato alla santità non è (o si sta attrezzando) è portare nella rubrica del telefono due numeri (oggi gli smartphone aiutano comunque a reperirli facilmente senza impegnare la rubrica).


1- il numero del canile più vicino 
2- il numero del veterinario privato più vicino

Certo il secondo numero più indicato sarebbe quello del veterinario ULSS reperibile di servizio, ma a risalire a questo è impresa improbabile perfino a Google.
Il canile però avrà sicuramente (o almeno si presume) contatti diretti con le autorità competenti. 
Se sarà un cane la vittima da soccorrere va come prima cosa sondato il microchip per risalire al proprietario, cosa che può fare anche il canile. Se la prognosi è fausta il cane andrà ad ogni modo in canile: ecco perchè vale la pena contattarlo per primo. 
Inoltre il canile ha un servizio veterinario di assistenza in caso di urgenze, per cui non sorgeranno problemi di parcelle e risarcimenti.
L'identificazione del microchip per risalire al proprietario è facilmente attuata anche da un veterinario privato ma recarlo lì può diventare un ulteriore perdita di tempo se non esiste un proprietario; perchè il veterinario privato (anche dopo eventuale intervento d'urgenza) lo destinerà comunque ad un canile.
Qualora invece si risale a un proprietario non ci sono più problemi per gestire l'iter clinico anche dal punto di vista fiscale.

Se la vittima è un gatto, contattare in primis un canile è comunque cosa consigliata perchè qualora non recuperano gatti avranno probabilmente contatti con i "gattili" più vicini. 
Inoltre far reperire una foto all'ambulatorio veterinario più vicino (anche qui la tecnologia aiuta) è cosa che consiglio vivamente perchè un proprietario che smarrisce un gatto genericamente contatta i veterinari limitrofi per avere notizie.


A mio avviso infine, giusto per dare credito al mio spirito nerd, credo sia cosa molto utile per chi viaggia con uno smartphone connesso pubblicare in tempo reale nei social network una foto dell'animale incidentato (ovviamente evitando inquadrature che potrebbero urtare la sensibilità qualora sia fisicamente molto compromesso) con tutti gli opportuni tag del caso: luogo, ora, riferimenti spaziali limitrofi di strade ed edifici conosciuti. Ad esempio:
"Rinvenuto animale incidentato vicino al supermercato PINCO nel Comune PALLINO all'incrocio delle vie XY. Chiamare a questo numero..." inserendo il proprio numero (per i votati alla santità) o i due consigliati sopra se i riferimenti del caso saranno affidati a ULSS o canile.
Questa strategia oltre ad offrire maggiori probabilità di raggiungere il proprietario visto il potenziale immenso del tam-tam della rete, vi tutela anche legalmente come testimonianza di aver prestato soccorso, e magari può fornire indicazioni utili su chi l'ha eventualmente omesso mettendole a disposizione delle autorità competenti.

Le potenzialità delle tecnologie informatiche sono immense ma purtroppo così nuove che spesso, a causa di molti pregiudizi, non ci rendiamo conto di quanto ci possono aiutare.  

Questo è quello che posso raccontare da veterinario. Vi racconto ora, per rimanere fedele allo scopo del mio blog, la mia esperienza diretta su questa tematica come cittadino-veterinario.






Da cittadino mi è successo tre volte nella vita di avere a che fare con gatti investiti. 

La prima volta è stato poco dopo la patente, fine anni 90. In un rettilineo a Casale Di Scodosia, ricordo un botto sordo dal nulla su un lato della carrozzeria e subito dopo la vista sullo specchietto retrovisore di un gatto che si dimena in mezzo alla strada. Era estate e la scena era limpidissima. Rallentai la corsa dell'auto nel mentre osservavo, esterrefatto. Nell'attimo in cui mi ritrovai fermo con l'auto, in quella strada deserta di un primo pomeriggio, il gatto schizzante come una molla di punto in bianco non si mosse più.
Fu agghiacciante. Non avevo mai preso sotto un gatto. Non avevo mai visto morire un essere vivente in quel modo compulsivo. Lottando come si suol dire (e lo capii solo allora) tra la vita e la morte. Mi misi a piangere disperatamente ritornando a guidare. Mi aveva terrificato aver indotto, io, una sofferenza del genere. Perchè anche se non volontariamente, la colpa era mia: io guidavo l'auto, e generalizzando in modo estremo, quella strada era stata costruita dalla mia specie animale, per scopi e pretesti ingiustificati di fronte a quell'enorme sofferenza, che ne risultava semplice effetto collaterale. Pregai il cielo di non farmi più partecipe a sciagure del genere. Sperando in cuor mio che la mia proverbiale (per chi mi conosce) guida lenta fosse se non altro incentivo a non traumatizzare più di tanto il prossimo sventurato.


La seconda volta avvenne appena qualche anno dopo la laurea. Non fui spettatore di una scena agonica come la prima, ma emotivamente per me fu nettamente più traumatico.
Perchè la gatta investita era la mia.
Stavo facendo retro con il pick-up nella corte di casa, fatalità proprio per andare a prendere delle anestesie per sterilizzare i due maschietti di tre cuccioli di gatto da poco accasati. Osservavo sereno sotto un tavolo i tre micetti mentre facevo manovra. Ma qualche secondo dopo aver inserito la prima sentii l'urlo di un gatto, e dallo specchietto vidi la femmina scappare nel giardino attiguo. "Cavolo! speriamo di averle preso solo la coda!" dissi tra me scongiurando di averle rotto una gamba. Corsi a cercarla tra gli alberi, e la trovai in stato preagonico. Stuporosa e ansimante. Corsi in casa a prendere del cortisone per temporeggiare finchè non recuperavo le anestesie. Ma quando tornai dopo un minuto già non respirava più. Preso da uno sconforto indicibile, le iniettai lo stesso il cortisone tra le lacrime.
Surreale all'ennesima potenza. Non bastava la mortificazione di aver ucciso un proprio animale. No. Doveva aggiungersi la tragicommedia dell'assurdo che capitasse mentre andavo a prendere delle anestesie per loro.


A questo punto raccontando la terza volta cosa vi potreste aspettare? Bene per compensare con una magra consolazione vi dico che la terza volta il samaritano l'ho fatto io, e non con un gatto che ho incidentato io. Anche se di nuovo non mancherà un inaspettato colpo di scena finale...
Stavo tornando dal mio ambulatorio verso casa in una fredda sera, tre o quattro anni fa, mi pare fosse autunno avanzato. Sulle curve di campagna tra Pojana Maggiore e Sossano mi imbatto in un gatto in stato di shock sul ciglio della strada. Mi fermo una decina di metri dopo, pensando che magari fosse della famiglia della casa li vicino. Mi avvicino e noto approssimativamente segni di una seria compromissione nervosa centrale. Lascio l'auto con quattro frecce in prossimità del gatto, e suono alla casa vicina. Mi dicono di tentare con l'altro campanello (era una bifamiliare) al che esce una signora sospettosa. Le chiedo se era loro il gatto che le indicavo sulla strada, e sopraggiungendo dei ragazzi e degli anziani di famiglia esclamarono il nome del gatto. Allora mi prodigai a fare della consulenza per il caso. E lì si creò una situazione imbarazzante. Perché suonò strano ai più attempati della famiglia che li si trovasse fatalità proprio un veterinario, con delle anestesie, a proporre una puntura al loro gatto incidentato. In realtà una scorta di anestesia nelle stagione fredda l'ho sempre portata in auto proprio per far fronte ad eventuali situazioni del genere, vuoi per evitare di rivivere le esperienze precedenti, o più semplicemente per non sentirsi veterinari sbagliati al momento disgraziatamente giusto nel posto disgraziatamente giusto. In realtà questione di ore e a mio avviso, in scienza e coscienza, quel gatto non ce l'avrebbe fatta, perchè nella decina di minuti intercorsi tra il soccorso e l'interazione con la famiglia, il suo quadro era degenerato.
Insomma, mi offrii per fare l'anestesia se non altro per lenire delle sofferenze in atto, lasciando ai proprietari di decidere per conto loro se "attendere miglioramenti" o portare l'animale negli ambulatori della zona. "E che costi ci sono?" mi sentii chiedere con aria sospetta. "Nessuno" risposi. "E' un costo irrisorio per questo peso". Così giusto per non dare alcun sospetto che quella fosse una qualche situazione creata da uno sconosciuto quale ero, per approfittarne. E comunque davvero erano risoluti a lasciare il gatto al suo destino senza alcun intervento. Neppure avendolo lì a portata di mano. "Il gatto è dei suoceri... Va e viene... Siamo contrari a certe cose... preferiamo che la natura faccia il suo corso...". Le scuse sono innumerevoli, ma sempre le stesse.
Morale della favola, a vedermi tanto premuroso, disponibile, e magnanimo nell'aver soccorso ed offerto un servizio...si convinsero che il gatto lo avevo preso sotto io. 
E ne ebbi la conferma quando arrivato il decimo vicino a curiosare gli descrissero la situazione proprio in questi termini. "Ha preso sotto il nostro gatto...e gli sta facendo la puntura...è un veterinario..."
A quel povero micio non servì l'eutanasia perchè bastò mezza dose di anestesia perchè cessasse di battere il cuore. Neppure al mio di cuore servì l'eutanasia: bastò la malfidenza dei proprietari per scavargli una buca.
Umiliante all'ennesima potenza. Davvero. Entrare in una casa con un animale sofferente per aiutarlo, e uscirne sentendosi guardati come chi l'ha ucciso. Sono esperienze che ti segnano oltre che sul senso della sofferenza animale anche sui valori dell'essere umano. E ti interrogano. Sempre sulla scia di quei perchè cui ho voluto trovare risposta. O meglio ho dovuto trovare risposta. Perchè è questione di vita o di morte, quando c'è di mezzo l'umiliazione.   

Le domande che emergono sono: perchè siamo ridotti a giudicare ogni situazione, anche le più drammatiche, sul piano speculativo? Perchè abbiamo come unico metro di misura dei comportamenti delle persone nella quotidianità, il movente finanziario?
Queste domande mi hanno logorato per anni. Ma una risposta ce l'hanno.
Avevo ribadito più di una volta che il gatto lo avevo trovato in quelle condizioni e non avevo investito io, onde evitare fraintendimenti. Ma evidentemente non volevano riconoscerlo perchè ciò significava sentirsi in dovere di pagare una prestazione veterinaria. Invece così, vedendomi come la causa del misfatto, il mio servizio appariva un atto dovuto.
Mi sono chiesto in tutti questi anni se è possibile essere proprietari di animali con uno spirito diverso. Mi sono chiesto se è possibile essere veterinari con uno spirito diverso. Le risposte sono "sì". Ma occorre una società che funziona in modo diverso. Con altri motori rispetto alla finanza e altri carburanti rispetto al denaro. O le cose non cambieranno mai.

Le risposte ci sono e non sono altri problemi ma soluzioni vere. E io ho intenzione di logorare la rete a furia di raccontarvele



giovedì 19 marzo 2015

18 marzo 2015...emozioni all'assemblea dell'Ordine dei Medici Veterinari di Padova


Ieri sera assemblea dell'Ordine dei Medici Veterinari di Padova. Impossibile non condividere due emozioni.


La prima, aver sentito per l'ennesima volta in dieci anni il Presidente dell'Ordine lamentarsi per le nefaste conseguenze della Legge Bersani sui tariffari minimi, e questo appena dopo la proiezione della foto ricordo Moretti-FROV fatta il giorno prima.

Cos'è la FROV? E' la Federazione Regionale Ordini Veterinari Veneto (il suo Presidente è il Presidente dell'Ordine di Padova). 
E la Moretti? La Moretti non è la birra. E' il deputato del Partito Democratico (PD) neo-aspirante governatore del Veneto...nonchè ex-portavoce di Bersani
Una formalità quella foto. Sarà scattata prossimamente anche con gli altri due candidati alla Regione Veneto (Zaia/TosiJacopo Berti candidato portavoce del M5S in Veneto).
Speriamo che oltre alle formalità con i prossimi interlocutori si approfondiscano i contenuti...magari anche del curriculum.



Moretti e Zaia entusiasti di mungere
incontrando la Coldiretti

La seconda emozione è stata il giuramento dei nuovi iscritti all'Ordine. Formalità anche questa ma almeno sul contenuto a loro non si può rimproverare nulla. E anzi spetta a loro, ai posteri, l'ardua sentenza.




PS. Le Federazioni Regionali degli Ordini sono auto-istituite e non rientrano nella normativa inerente la costituzione degli ordini professionali .



domenica 15 marzo 2015

L'Università...


Dieci anni fa, il 15 marzo 2005, mi laureavo.
Ero immensamente emozionato. La tesi della mia laurea verteva sulle distrofie muscolari come ho anticipato in Quel gioco da ragazzi. Tuttavia era un'emozione mista di connotati contrastanti. Belli e paurosi allo stesso tempo. E in quanto tali, sublimi.

La distrofia muscolare è la malattia che condizionò psicologicamente il mio primo test universitario. La sclerosi multipla cinque anni dopo condizionò l'ultimo. E non solo psicologicamente. Ma andiamo per ordine.
Quel difetto genetico muscolare impietoso aveva colpito due miei nipotini. Era il 1999 l'anno di nascita del secondo nipotino. Era il 1999 l'anno in cui a casa venimmo informati della malattia di entrambi i nipotini. Era il 1999 l'anno in cui tentavo un test a medicina veterinaria e contemporaneamente studiavo sodo per entrare a fisioterapia.

Su circa circa 350 iscritti al test di ammissione a veterinaria, mi classificai 73° su 75 posti a disposizione. Su circa 900 iscritti a fisioterapia mi classificai 129° se la memoria non mi inganna. Ma i posti a disposizione erano 30.

Avevo cominciato ad interessarmi alla fisioterapia dopo che mi ero operato a un legamento crociato a 16 anni. Tre anni dopo però, in quel frangente che stravolse tutti in famiglia per la nuova sfida che il destino ci aveva affidato, mi pareva potesse essere un'attività che avrebbe potuto portar beneficio anche ai miei nipoti, a tempo debito.
Cosa assurda, col senno di poi. Ma in quei momenti (in questi momenti) della vita in ci si aggrappa a qualsiasi speranza pur di conservare, l'insensatezza più totale delle cose, una parvenza di motivazione.

Aver passato il test a veterinaria mi sconvolse, Avevo fatto il test per una promessa che avevo fatto a me stesso qualche anno prima (a 19 anni...forse un decennio prima). Volevo forse solo testare se ero portato a farlo come avevo desiderato spesso negli anni. E mi dicevo: "Son certo di non passarlo...ma almeno non mi tengo il dubbio per il resto della vita se non lo faccio". E non ero per nulla sereno facendolo. In quel mentre mi dicevo: "Era meglio se mi tenevo il dubbio. Se non lo passo sarà una sconfitta conclamata per essermi illuso di esser portato per questo lavoro. Ma se lo passo io non resisto 5 e più anni sui per un pezzo di carta!"
Mi ero convinto dall'esperienza liceale infatti che, al di là dei desideri infantili, non ero portato per lunghi studi universitari. Motivo per cui mai pensai a studiare medicina umana.
Fatto è che l'accaduto di quel 1999 mi segnò profondamente nelle scelte. Volevo far qualcosa che tornasse utile alla causa dei miei nipoti.

Passare il test di veterinaria mi sconvolse. Come potevo concentrarmi sulla salute e malattia degli animali...io che ero da poco zio di due creature che avrebbero avuto bisogno di lì a poco di seri aiuti e contributi?

Indagai un attimo prima di iscrivermi definitivamente. Veterinaria dai programmi universitari offriva ampi sbocchi in campi di ricerca biomedica. I modelli animali erano importanti nello studio di queste malattie. E potevo comunque fare gli esami del primo anno e vedermi abbonati molti esami a fisioterapia se avessi voluto ritentarlo l'anno dopo.

Passai un primo anno universitario alla grande. Con immensi sacrifici per la frequenza obbligatoria 5 giorni a settimana dalle 8.15 di mattina alle 19 di sera. Impiegando quasi due ore di mezzi pubblici per raggiungere la facoltà, Significava sveglia alle 5.45 e ritorno alle 21. Uscivo di casa col buio e ritornavo che era buio.
Eppure passai tutti gli esami con una media superiore al 26. Una cosa inimmaginabile fino all'anno prima. Ma lo studio approfondito della biologia, della genetica, dell'anatomia, della biochimica...fu un colpo di fulmine pazzesco.

Poi le cose cominciarono ad andare inclinarsi. Studiare la microbiologia veterinaria, fu una svolta critica. Qualcosa cominciava a non tornare sul senso profondo delle malattie su cui avevo cominciato ad indagare, fin dal primo anno, lungo binari personali, guidato dal pensiero sui miei nipoti.

Fu al secondo anno di Univeristà che a fianco dei libri di medicina aperti sulla scrivania, cominciò a trovarsi affiancato un testo che con la medicina non sembrava avere molto a che fare. Eppure.

Mi tornò in quell'anno in mente una storiella che sentii raccontare a una cena un chirurgo, un pò brillo. Io avrò avuto circa 10 anni. L'avevo ascoltata con estremo interesse, mi impressionò per come fu raccontata, ma l'avevo sepolta nei ricordi. E mi tornò alla mente proprio studiando microbiologia, al secondo anno.

La storiella dice così.

'' Nelle caverne un dì, tre uomini erano davanti al fuoco. Uno di loro disse: 'Visto che c'è tanto bisogno, d'ora in poi provo a curare le malattie del corpo'. Bene dissero gli altri due. E nacque il primo medico. Un secondo disse: 'Visto che c'è tanto bisogno, io allora curerò le malattie dello spirito'. E nacque il primo prete. Il terzo perplesso, non sapendo cosa proporsi disse:'E io? Come posso essere utile?'. 'Tu devi sentirti ammalato!' esclamarono i primi due. ,,
Quel libro al centro della scrivania tra tanti libri aperti di medicina era la Bibbia...




Work in progress